Incantevole è il cielo notturno! Quando è sgombro di nubi, tra le pieghe
blu della volta celeste si possono ammirare le stelle brillare come
diamanti. Meraviglia delle meraviglie, poi, poter avere la fortuna di
assistere allo spettacolo di quelle che, poeticamente, chiamiamo stelle
cadenti o filanti, dalla notte dei tempi affascinanti per romantici,
sognatori e studiosi.
Puntini luminosi solcanti per un attimo la gran volta oscura del
firmamento, in realtà sono corpuscoli materici, disgregazioni di comete,
vagabonde dello spazio provenienti da lontananze infinite, che dapprima
ruotano in larghissime orbite intorno al Sole, poi bruciano roventi nel
loro rapido sfrecciare, infine vengono a morire sulla terra.
Ciò che non tutti sanno, però, è che il loro destino s’intreccia con
quello di un’altra meravigliosa creatura della natura: un fiore. Ma
ascoltate quanto vado a narrarvi.
C’era una volta una piccola stella che, insieme alle sue sorelle, ben
stretta alla lunga chioma di mamma cometa,
errava negli abissi degli spazi celesti, correndo per le zone più
sperdute dell’universo.
Correvano, correvano, purtroppo, però la loro corsa era destinata a
finire, perché mamma cometa, entrando a folle velocità nell’atmosfera
terrestre, rapidamente si sarebbe accesa in una fiammata più luminosa
del sole, per poi esplodere con estrema violenza in mille schegge,
emanando un calore tremendo, trascinando nel suo destino di distruzione
anche le sue figliolette, che sarebbero diventate per qualche istante
stelle cadenti, per poi andare a schiantarsi chissà dove.
Resasi conto che la folle corsa stava per giungere al termine e che, di
lì a poco, sarebbe andata a morire, in un ultimo guizzo vitale, la
stellina, piangendo disperata, cercò, invano, di aggrapparsi alla volta
celeste: proprio non voleva più correre nel cielo buio in attesa che si
compisse il suo destino fatale e diventasse una stella cadente! Quanto
le sarebbe piaciuto essere nata in una forma stabile, che le avesse
consentito di stare ben radicata in un luogo, e non di girare a vuoto!
La Luna, le altre stelle fisse, i pianeti, persino il sSole, udirono il
suo pianto e bene compresero il suo dolore, però non sapevano proprio
come fare per aiutarla, ma pensa e ripensa, vedendola ormai prossima
alla fine, decisero di rivolgere una preghiera al Dio del Cielo, della
Terra e del Mare. Gli chiesero di fare in modo che, una volta diventata
stella cadente, non scomparisse per sempre, dissolta nel nulla,
inghiottita nel buio della notte, dopo aver per così tanto tempo
brillato.
Il Dio del Cielo, della Terra e del Mare ascoltò con attenzione la loro
accorata preghiera e, compassionevole, dispose un destino migliore per
la povera stellina spaventata: avrebbe mutato forma, assumendone una
che, in qualche modo ricordasse quella originaria, però più stabile.
E fu così che, quando la cometa terminò la sua folle corsa di colpo,
rapidamente schiantandosi all’aria, la stellina precipitò sulla Terra,
dove gli esseri umani attoniti, con gli occhi sbarrati verso l’alto,
avevano assistito a quella magnifica pioggia di guizzi luminosi, simili
a fuochi d’artificio, che a migliaia avevano solcato il cielo, sembrando
davvero che le stelle si staccassero dalla volta celeste e
precipitassero in basso.
![](stellaalpina.jpg)
La stellina approdò su una rupe calcarea dell’arco alpino e qui si
trasformò in un piccolo fiore, semplice ma elegante e di singolare
bellezza, dalla suggestiva infiorescenza a capolino
giallo verdastra, con
bianchi petali vellutati,
al quale i montanari, ammirati, cominciarono a dare i nomi più
suggestivi e significativi. Lo chiamarono Fiore di lana, Fior nobile,
Edelweiss (Bianco nobile), Bianco di roccia, Fiore di roccia, Stella
d’argento, Regina del ghiaccio, Rosa del ricordo. Ben presto, però,
dalla sua forma e dal luogo in cui si era insediato, s’impose il nome di
Stella alpina, divenendo il fiore per eccellenza delle Alpi, simbolo di
resistenza, tenendo conto della tenacia con la quale cresce,
costantemente sottoposto a sbalzi termici e a condizioni climatiche
ostili, sopportando i
lunghi geli invernali delle montagne e la
forte esposizione al Sole, ma anche di coraggio e amore
puro, perché, da quando fu scoperto, molti innamorati fecero a gara,
osando percorrere sentieri mai battuti prima e scalando vette impervie,
pur di raggiungerlo, raccoglierlo e poterne fare dono alla loro
innamorata.