Siamo qui, nell'oscurità, sospesi tra la poesia delle lucciole e il fuoco
divampante delle stelle.
(Susanna Tamaro)
Fu davvero un prodigio meraviglioso quello che una volta accadde, che
stupì grandi e piccini, ma ascoltate bene la storia che vado a narrarvi.
Quel torrido giorno d’estate in paese si era abbattuto un insolito
temporale, violento come sempre sono tutti i temporali, ma non rapido e
passeggero, durò fino al tramonto inoltrato.
Pioggia battente, lampi scintillanti, tuoni fragorosi e reboanti
sferzarono le case, tormentarono le cime degli alberi, piegarono le
delicate testoline dei fiori, costringendo tutte le creature della natura
a cercare riparo nelle case, nelle tane e nei nidi, e ovunque ci fosse un
sicuro nascondiglio.
Passata la tempesta, però, le chiome degli alberi si ricomposero e
tornarono a svettare verdeggianti, i fiori si scrollarono l’acqua dai
petali e rialzarono le loro testoline, gli uccellini, asciugati piume e
penne, abbandonarono i ripari e ripresero voli e canti, e gli abitanti del
paese si precipitarono in strada per godere del fresco della sera,
allegramente incamminandosi lungo il viottolo che conduceva al fiume. Fu
allora che due bambini, fratellino e sorellina, notarono in un angolo, fra
l’erba, uno strano scintillio. Incuriositi, tenendosi per mano, sotto
l’occhio vigile dei loro genitori, si avvicinarono e scoprirono qualcosa
d’incredibile: era un mucchietto di stelline cadute dalla volta celeste.
-Ma cosa ci
facevano lì se il loro posto non era in terra ma in cielo?
-si chiesero increduli fratellino e sorellina.
Era accaduto che il vento furioso, levatosi ad altezze vertiginose,
spingendosi con le sue raffiche fin nelle più abissali profondità del
firmamento, aveva strappato alcune stelle portandole via con sé e
scaraventandole, poi, in terra. Le stelline ora piangevano spaventate, per
la paura, per il freddo e perché erano lontane dalla loro casa, dalla loro
mamma, la Luna, che, sgomenta, dall’alto le osservava, insieme alle altre
stelle che, nel loro sconforto, non riuscivano a consolarla.
Il pianto sommesso e costante delle stelline profondamente commosse i due
bambini che, consigliati dai genitori e dagli altri abitanti del paese-
accorsi tutti, essendosi subito diffusa la notizia dello straordinario
ritrovamento- per aiutarle decisero di rivolgersi alla Fata dei Prati.
Fata
fatina,
le lucenti stelle
incanto e sorriso delle notti belle,
cadute dal cielo sull’erba del prato
ora
sono meste e addolorate.
Ti
preghiamo, lesta più che puoi,
vieni subito qui da noi.
Fa’
che non muoiano le stelle brillanti
ma
ancora splendano sfavillanti.
A quell’invocazione disperata la Fata dei Prati non restò insensibile,
veloce accorse, il dolce volto incorniciato da lunghi capelli biondi, il
capo inghirlandato di teneri fiori di campo, indosso una lunga veste verde
ricamata di gigli dorati, in compagnia di api, libellule e farfalle
festose che non mancavano mai di accompagnarla nei suoi spostamenti.
Appresa da fratellino e sorellina la storia delle stelline cadute dal
cielo, la Fata ancor più s’intenerì e, dopo averle guardate tutte con i
cerulei occhi amorevoli, così parlò:
-Mie care stelline purtroppo non è in mio potere riportarvi tanto in
alto, ma ugualmente vi aiuterò convertendovi in una forma quasi simile a
quella che avevate. Brillerete ancora, di notte, come fate da secoli, ma
in altro modo. Vi trasformerò in alate creature, potrete vivere fra i
campi, i prati e le boscaglie, arrampicarvi lungo gli steli dei fiori e
svolazzare nell’aria, e vi concederò, allorché le
luci del giorno si smorzeranno e incomberanno le prime ombre
della sera, di accendervi come fari luminosi, lampeggiando luminescenti in
modo continuo o intermittente, proprio come facevate in cielo. La luce di
cui vi doterò, che emetterete a intervalli regolari e con una durata
precisa, vi consentirà di riconoscervi, così saprete sempre dove siete e
resterete in contatto fra voi. E quando, calate le tenebre, volerete tutte
insieme, produrrete una luminosità così intensa che vi sembrerà quella di
un bel chiaro di luna, e così vi sembrerà di essere non più sulla terra ma
di nuovo nel cielo, stelle fra le stelle. E la vostra mamma, la Luna,
potrà scorgervi dall’alto insieme alle altre vostre sorelle rimaste lassù.
-
Allora, rassicurate dalle parole della Fata, le stelline smisero il pianto
e fiduciose si affidarono al potere della sua bacchetta.
E così, dopo aver fatto girare in cerchio per tre volte la bacchetta
nell’aria, con un semplice toc, accompagnato da una formula magica
segretissima, la Fata dei Prati all’istante le trasformò in luminosi
insetti alati che, come tanti puntini splendenti, subito incominciarono a
danzare festosamente tra le erbe e le siepi, sulla radura e sui cespugli
profumati della boscaglia.
Diventate creature bellissime, come lo erano state da stelline, da allora in poi, dopo il tramonto del
sole, non mancarono mai di rendere speciali con
i loro piccoli bagliori le notti
d'estate e di parte dell’autunno, arrampicandosi
lungo gli steli dei fiori addormentati, vorticando nei prati, nei giardini
e nei parchi, in su e in giù, di qua e di là.
E fu proprio per la luminescenza che diffondevano nell’aria, punteggiando
di minuscole fiammelle verdi boschi, prati e giardini, che la Fata dei
Prati decise che il loro nome sarebbe stato, da “luce”, “lucciole”.