Francesca Santucci

 

 

DEL PERDUTO AMORE

 

(AA.VV., "Ventotto volte amore",  Convalle edizioni 2025)

 

 

Tutti i giorni son notti per me, finché io non ti vedo,

e giorni luminosi son le notti quando mi appari in sogno.
(Shakespeare, Sonetto 43)

 

 

La storia che vi racconto è storia vera accaduta secoli fa, tramandata da generazioni nella mia modesta famiglia al servizio di quella, ricca e potente, alla quale apparteneva la protagonista della triste vicenda di cui vado a narrarvi.

Lei si chiamava Isabel, e sconvolse tutti il suo gesto disperato, il suicidio per amore, non perché il suo sentimento non fosse ricambiato, ma perché, per un vile inganno, credette morto Thomas, il suo innamorato, che pure concluse tragicamente i suoi giorni.

Fin da piccoli, pur se di condizioni sociale diseguali (lei figlia dei castellani, lui figlio di inservienti del castello), Isabel e Thomas si erano amati e frequentati nascostamente dai loro genitori. Riuscendo abilmente ad eludere lei la sorveglianza della balia, lui il controllo paterno, si incontravano.

Mano nella mano, si avventuravano in lunghe passeggiate nei dintorni del castello, un’imponente costruzione circondata da una fitta vegetazione, poggiata su uno sperone di roccia che guardava verso la vallata, oltre la quale c’era il mare, con quattordici stanze, un magnifico salone e una grande cucina dove si affaccendavano numerosi servitori, tra i quali c’era anche il mio avo, che iniziò a tramandare la storia dei due giovani.

Vitale era per loro incontrarsi  e degna cornice del loro amore era il bosco, scrigno di tesori e bellezze di incommensurabile valore, con i suoi alberi secolari, le timide roselline selvatiche, saporosi frutti come le more, i mirtilli, le fragole e i lamponi, abitato da animali delle più diverse specie, ravvivato da voli, canti, stridii, fischi e altri richiami di  uccelli come i picchi, le ghiandaie, i merli e le cince, popolato anche da creature crepuscolari affascinanti e misteriose, come i gufi che, dall’alto dei rami o dalle cavità naturali dei sontuosi pini silvestri e delle maestose querce modulavano suoni inquietanti.

Ma gli incontri permanevano segreti. Guai se il castellano avesse sorpreso sua figlia in un luogo lontano dal castello, pericoloso anche per le insidie dei nemici sempre in agguato e, per di più, non accompagnata ad un suo pari! Guai se il padre di Thomas  avesse sorpreso suo figlio in compagnia della figlia del suo signore, lui che sapeva stare al suo posto! Tuttavia i ragazzi, ingenui, innocenti, incoscienti, estranei alle gerarchie sociali, non rinunciavano alle loro escursioni e alle loro emozioni.

Tra le fronde ombrose degli alberi, tra i fiori selvatici e la timida vegetazione del sottobosco, al dolce mormorio del ruscello e alla voce del mare in lontananza, di anno in anno si giuravano l'eterno amore, che aumentava e mai diminuiva. Ma un vile servo in agguato, fedele al suo padrone, li sorvegliava e, quando gli parve il momento opportuno, cresciuti, ormai, i due giovani, gli rivelò i loro incontri segreti. Allora il castellano escogitò un sistema per separarli: allontanare lui e far sposare la figlia.

Mandò a chiamare Thomas e gli propose di andare in battaglia, in una di quelle guerre di conquista di altre terre che tanto appassionavano gli uomini bramosi di estendere i loro possedimenti, accrescendo, così, potere e gloria. Aggiunse che era a conoscenza dei suoi incontri segreti con sua figlia, si finse ben disposto, disse che gli avrebbe accordato la sua mano se fosse tornato vittorioso dalla battaglia, però, mi raccomando, ora tacesse con lei, sarebbe stata una lieta sorpresa.

Thomas, leale verso colui che già considerava come un secondo padre, con l'amata tacque ogni cosa, e andò in battaglia.

Trascorsero giorni, settimane, mesi, anni, Isabel continuava a tenere viva la fiamma del suo amore e a vagabondare da sola nei dintorni del castello, fermandosi soltanto quando, nella stagione inclemente, glielo impedivano il furore dei venti e  la sferza delle tempeste.

 

Quasi ogni giorno tornava nei luoghi visitati col suo gentile Thomas, sostava sotto gli stessi alberi dove era solita fermarsi con lui, mangiava i frutti di bosco com'era solita fare con lui. Se chiudeva gli occhi le pareva di averlo accanto a sé: il mormorio del vento fra le foglie sembrava la sua voce che sempre le ripeteva dolci parole d’amore,  il raggio di sole che s’insinuava tra le fronde la sua mano che le carezzava la fronte, e la rugiada che le imperlava le dita quando coglieva un fiore le ricordava  un suo timido bacio.

Di notte, poi, non smetteva di sognarlo, e il sogno era così vivido e reale che al mattino le sembrava strano di non ritrovarlo accanto a sé in carne ed ossa.

Pazientemente attendeva il suo ritorno, ma di lui non si aveva nessuna notizia. Intanto suo padre incalzava perché prendesse marito, dal momento che, ostinata, finora aveva rifiutato tutti i pretendenti.

Ora erano trascorsi cinque anni. Nel suo capo si agitavano pensieri cupi e il cuore era oppresso da un triste presentimento.

Infine, una sera d'estate, suo padre convocò nel salone familiari e servitori e disse di avere da dare a tutti insieme una notizia brutta e una bella.

Con finto tono sconsolato annunciò che, purtroppo, il figlio di un inserviente, il povero Thomas, che tutti conoscevano fin da bambino, era morto in battaglia. Con autentica soddisfazione disse che la notizia bella era che stava per dare marito a sua figlia. A giorni sarebbe arrivato il futuro sposo per la festa di fidanzamento, che sarebbe stata grandiosa. Per l’occasione si era fatto mandare della seta dalla Francia  e aveva ordinato alla sarta del castello di confezionarle un bell’abito, che avrebbe indossato il giorno del fidanzamento.

E, detto ciò, fece portare un meraviglioso abito lungo fino ai piedi di seta lucida di una rara delicata tonalità fiordaliso, impreziosito da piccoli volant di candido pizzo veneziano trasparente allo scollo e alle maniche a tre quarti a sbuffo e, per adornare il collo, un filo di preziose perle argentee, acquistate da un mercante rifornito da pirati di ritorno da un loro viaggio nei mari del Sud.

Isabel impallidì, all’annuncio della morte di Thomas quasi venne meno, e doppiamente sentì mancarle le forze alla notizia del suo imminente fidanzamento, ma tenne dentro di sé tutto il dolore, atroce come quello di chi è stato ferito al petto con un pugnale e, invece di estrarlo dal corpo, fisso saldamente lo tiene con una mano. Pensò che d’ora in poi per lei il sole non sarebbe più sorto.

Alle parole di suo padre non replicò, chinò il capo, e, con il cuore straziato, chiese di poter andare nelle sue stanze per provare l'abito, insieme a una fidata ancella, che l'aiutò a vestirsi.

Splendente come una dea dell'Olimpo, con i cerulei occhi svagati, prossima alle lacrime, pallide le sue guance solitamente rosate, tornò nel salone del castello.

Fra lo stupore dei presenti, abbagliati dalla sua bellezza sfolgorante, lo attraversò lentamente, poi, d'improvviso, come colta da un raptus, si mise le mani fra i bei capelli dorati e, fulminea, si precipitò all’esterno, velocemente salì la scala che conduceva ai più alti bastioni merlati del castello e da lì si gettò nel vuoto.

Il vestito le si gonfiò intorno al corpo, per qualche istante sembrò una nuvoletta sospesa nell’aria, poi rotolò sulle rocce aguzze, infine ci fu il tonfo che sembrò un boato in fondo al precipizio. Quelli che erano accorsi non riuscirono a fare nulla, era accaduto tutto troppo in fretta. Stupiti, increduli, non proferirono parola, il silenzio era irreale.

Qualcuno che sapeva, poi, parlò, la verità venne a galla, e tutti la piansero, tutti piansero il destino di quella giovane dolce, buona, bella, morta di dolore per l'inganno perpetrato proprio da suo padre.

Infatti Thomas non era perito in battaglia, ritornò, con nuove terre conquistate e sempre innamorato della sua Isabel, desideroso più che mai dell’agognata ricompensa, sposarla, ma trovò soltanto un simulacro di marmo fatto costruire sulla sua tomba dal padre disperato e oppresso dal senso di colpa per aver causato il suicidio dell'adorata figlia.

Thomas  non resse al dispiacere. L’indomani il suo corpo fu ritrovato esanime in fondo al burrone prospiciente il castello: si era tolto la vita allo stesso modo della sua innamorata.

Da allora, anche se sono trascorsi tanti secoli, c'è chi giura di vedere ogni cinque anni, nelle notti d'estate, lo spettro di Isabel, con indosso il vestito color fiordaliso, aggirarsi piangendo sugli spalti del castello, ancora ad attendere di là dal mare il ritorno del suo amore perduto.

 

 

 

 

 

 

 

 

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