Michele Gordigiani, Ritratto di Elizabeth Barrett Browning, 1858.

| Francesca Santucci Elizabeth Barrett Browning 
       (Santucci F., Donna non sol ma torna musa all'arte, Il Foglio, Piombino 2003) 
 
      
      
       
 
 Michele Gordigiani, Ritratto di Elizabeth Barrett Browning, 1858. 
 I love your verses with all my heart, dear miss Barrett…1 
      Era il 10 gennaio del 1845 quando il poeta Robert Browning 
      scrisse la prima ardente lettera nella quale dichiarava tutta la sua 
      ammirazione ad Elizabeth Barrett, la poetessa inglese definita in patria 
      la Shakespeare al femminile. Cominciò così la loro romantica storia 
      d’amore, che sembra uscire direttamente dalle pagine di un romanzo 
      ottocentesco, con la corrispondenza durata un anno, l’opposizione del 
      padre ostile e severo, il matrimonio celebrato segretamente, la fuga in 
      Italia, la nascita del figlio. 
       
      Quando giunse la prima lettera di Robert fu, dunque, come 
      un raggio di luce in quella casa tetra, in quella stanza buia, in quel 
      cuore avvezzo all’ombra e alla solitudine: la passione s’innescò e brillò 
      fino ad esplodere, e così la poetessa ammalata, famosa, eppure chiusa nel 
      cerchio del suo isolamento, uscì alla luce e assaporò la felicità inattesa 
      ed improvvisa. XXVIII Le mie lettere! Carta morta, muta e bianca! Ma vive e palpitanti fra queste mie mani che trepide stanotte il nastro sciolgono lasciandole cadere giù, sulle ginocchia. Questa dice:- Un tempo lui desiderò avermi per amica; qui fissava un giorno in primavera, per venire a sfiorare la mia mano. Un nulla, ma io piansi. Qui, risplende il foglio, diceva: Mia cara, t’amo; ed io tremai e caddi come se il futuro di Dio sul mio passato tuonasse. Qui: Sono tuo! E restando sull’ansante mio cuore, sbiadito è l’inchiostro. Questa…Oh, amor mio, le tue parole non avrei compreso, se adesso rivelassi quanto dice. 
 XXXVIII La prima volta che mi baciò, baciò le dita della mano che scrive, che si fece così più liscia e bianca, restia al mondo, ma non coi suoi: “Senti?”, al brusio degli angeli. Ora io non vorrei un anello d’ ametista alla vista più puro di quel bacio. Più in alto fu il secondo bacio; cercando la fronte, si perse una metà sopra i capelli. O dono supremo! Crisma d'amore che con benefiche dolcezze precedeva la vera ghirlanda. Il terzo fu deposto, perfetto, sulla mia bocca, e da quel giorno, superba, io ripeto: Mio amato, mio unico! 
 XIV 
 E se mi devi amare per null’altro sia che per amore. Non dire mai "L’amo per il sorriso, per lo sguardo, per il modo gentile di parlare, per le idee che alle mie s’ accordano, che un giorno mi resero sereno". Queste cose, mio Amato, possono in sé mutare o per te mutare. Così fatto un amore può disfarsi. E ancora non amarmi per la pietà che le mie guance asciuga. Il pianto può scordare chi lungamente ebbe il tuo conforto, e perdere, così, l’ amor tuo. Ma tu amami solo per amore dell’amore, che cresca in te, in un’eternità d’amore! 
 
      Si sposarono segretamente Elizabeth e Robert, poi, nel 
      1846, fuggirono in Italia, dimorando prima a Pisa, infine stabilendosi 
      definitivamente a Firenze; e così la poetessa, all'età di 43 anni, 
      riacquistò la salute e diede alla luce un figlio. IL MIO CUORE ED IO Basta! Siamo stanchi, ormai, il mio cuore ed io. Presso questa lapida sepolcrale io seggo, e vorrei che quel nome per me fosse inciso.... Si sono scritti dei libri, negli uomini abbiamo confidato, e la penna nel nostro sangue intinta, come se un tal colore morire non potesse.... Troppo dritti camminiamo per arrivare alla fortuna, troppo sinceramente amammo per serbare un amico.... Come siamo stanchi, il mio cuore ed io! Indifferente resta il mondo alle nostre illanguidite fantasie; la nostra voce, così penetrante un giorno, solo dormire oggi vi farebbe.... Oh, che cosa ci facciamo ancora qui, il mio cuore ed io? 
 
      Scrisse molto Elizabeth, cominciando addirittura ad 8 anni, pubblicando 
      per la prima volta a 13 e collaborando a riviste e circoli letterari; 
      scrisse ballate, poesie ispirate al quotidiano, un poema romanzo, “Aurora 
      Leigh”, insieme dichiarazione di ars poetica e bandiera dei diritti 
      femminili, componimenti appassionati ed impegnati, con i quali voleva 
      incidere sui costumi sociali del tempo, e proteste ardenti contro 
      l’oppressione straniera in Italia, come “Casa Guidi Windows”, in un 
      bisogno intimo di espressione, di comunicazione, di denuncia, ma i suoi 
      versi più belli restano quelli dedicati al suo amore per Robert. ROSA MORTA O rosa, chi più oserà chiamarti così? Non più rosea, non più vellutata, non più soave, ma arida e secca come fili di stoppia. Sette anni tenuta rinchiusa, i tuoi stessi titoli ora ti fanno ora vergogna. La brezza che su te soleva alitare, e rapirti un profumo che inebriava per tutto il giorno la valle, se ora soffiasse passerebbe senza raccoglierne un profumo. Ed il sole che su te splendeva, la sua gloria nel tuo magnifico calice mescolava, sicché il raggio pareva fiorire, e il fiore sembrava ardere, se ora su te brillasse più non potrebbe il tuo colore ravvivare. Il cuore però grave, lui sì, ti riconosce, soltanto il cuore! Il cuore sente il tuo profumo, ti vede bella, ti giudica perfetta.... Sì; e ama più te, ora morta rosa, delle rose superbe che la gelida e sorridente Giulia nei balli porta. Oh, rimani qui, su questo cuore che sotto di te sembra schiantarsi! 
 
 1) Amo i vostri versi con tutto il mio cuore, cara signorina Barrett. 2) A proposito del rapporto d’amore e complicità fra Elizabeth Barrett ed il suo cagnolino Flush, si può leggere il libro di V. Woolf, Flush,” Una biografia”, ed. La Tartaruga. 3) Nato nel 1524 o nel 1525, morto nel 1580, Luis Vaz De Camões, figura di spicco nella letteratura portoghese, è famoso soprattutto per il suo poema epico “Os Lusíadas”. 
 
 
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