Francesca Santucci

 

I PIRATI COLORATI

 

 

(Francesca Santucci, Storie colorate, Apollo edizioni 2018, pp. 108 con immagini, 10,00)


 

clic sull'altoparlante per ascoltare la filastrocca letta da Fabiana Di Nardo

 

Il pirata Barbanera,
che depredava da mattina a sera,
con ardore e con coraggio
ha lasciato  l’arrembaggio.


Il pirata Barbagialla
si è ferito ad una spalla,
perciò passa tutto il tempo
fra un sospiro ed un lamento.


Il pirata Barbablu
proprio non ce la fa più.
Agli scontri coi ribaldi
preferisce i pasti caldi.


Il pirata Barbaverde
pure lui tolte ha le tende.
Il nemico non combatte,
 preferisce bere il latte.


Il pirata Barbarosa
più non lotta, si riposa.
Più col rum non fa glu glu, ora balla col tutù.


Il pirata Barbaviola
canta e suona la pianola,
or che  abbandonato ha  il mare
solo in pace vuole stare.


Più non pensano i ribaldi
a lottare da spavaldi,
non più guerre non più morti,
meglio star fermi nei porti.


Ma a concluder la storiella
ecco qua avanzar con flemma
il pirata Barbabianca
che, vedete, ha  l’aria stanca.


Barcollando e borbottando
i fratelli va cercando.
Per star tutti fuori dai guai
vuol portarseli alle Hawaii.


Radunati i suoi fratelli
salgon tosti belli belli
senz’alcuna esitazione
sopra un vecchio galeone.


Senza più procurar danno,
finalmente rotta fanno
con le bianche vele al vento
verso l’isola dell’incanto.


Filastrocca dei pirati
coraggiosi e colorati
che hanno smesso di assaltare
e stanno tutti a riposare.

Premio Tre Civette sul Comò  Concorso Nazionale per Filastrocche

I Edizione - Torino 17 ottobre 2020

Terzo Premio ex-aequo

MOTIVAZIONE DELLA GIURIA Sono rimasta affascinata da questa lirica, per un momento ho chiuso gli occhi e ho visto in azione questi coraggiosi pirati citati nella filastrocca, pirati con caratteristiche diverse ma con un obiettivo comune, quello di arricchirsi, e di assaltare le navi, sino a quando non arriva il pirata Barbabianca a cercare i “fratelli” per tirarli fuori dai guai mi sembra di averli visti  mentre si dirigevano in un’Isola “incantata” eh si non hanno più voglia di assaltare forse è venuto per loro il momento di riposare. Testo originale e scorrevole alla lettura.

(Daniela LAZZERI)

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Tre Civette sul Comò 2020.pdf

 

 

 

C’erano una volta sette fratelli tutti pirati e figli di un pirata e di una piratessa. Si chiamavano Barbagialla, Barbarosa, Barbaverde, Barbablu, Barbaviola, Barbanera e Barbabianca.
I loro genitori erano morti molto presto, durante uno scontro con altri pirati, e così erano stati cresciuti dalla ciurmaglia del galeone.  Senza l’affetto e il calore della loro madre e, in generale, di una presenza femminile, e vivendo in quell’ambiente, erano venuti su ruvidi e inclini solo alla violenza, e trascorrevano la vita a depredare, fra scorribande nei porti, arrembaggi e saccheggi delle altre imbarcazioni che incrociavano sul loro cammino, uscendone solo e sempre vincitori.
Un giorno, però, accadde che, durante un assalto più violento che mai, nel parapiglia Barbagialla si ferì a una spalla, Barbarosa si ferì alla testa, Barbaverde si ferì a un braccio, Barbablu si ferì alla schiena, Barbaviola si ferì alla gamba e Barbanera si ferì a un occhio. Solo Barbabianca, che era il più anziano, restò indenne dalle batoste ma, resosi conto che, nello stato in cui erano i suoi fratelli avevano bisogno di adeguate cure a terra, decise che si sarebbero fatti sbarcare tutti sull’isola più vicina.
E fu così che approdarono alle Hawaii, la bella isola vulcanica dell’oceano Pacifico chiamata anche “la Grande Isola”, portandosi dietro, perché si prendesse cura di loro, scalciante e scalpitante, Capellidoro, la figlia del comandante dell’ultimo galeone che avevano assaltato.
Sbarcati sull’isola, trovarono riparo nelle capanne degli indigeni, e fu qui che cominciarono a scoprire le piacevolezze di una vita tranquilla e lontana dalla violenza, sulla terra sicura e non sull’incerto mare, sempre pericoloso, sia che combattessero contro gli altri pirati, sia che non lo facessero, sia quando era tempestoso, perché poteva far capovolgere il veliero, sia quando era calmo perché, mutevole, all’improvviso poteva portare le insidie della tempesta.
Sulle spiagge nere a ridosso della foresta a prendere il sole fra le palme, fra le acque cristalline e le barriere coralline a pescare e ad immergersi mentre, in lontananza, le balene cantavano, scherzando con le fanciulle del luogo lasciandosi ornare il collo di profumate ghirlande, fra cespugli verdissimi, coloratissimi meravigliosi fiori, come gli ibischi, le plumeria, i frangipane, le orchidee, e deliziosi frutti esotici come il cocco, il mango, la papaia, l’avocado, la banana e la maracuja, si ripresero tutti alla svelta.
Il pirata Barbagialla, che fino a poco tempo prima non aveva fatto altro che lamentarsi, guarito dal dolore alla spalla, si unì ai nativi e cominciò a pescare allontanandosi in mare con la canoa. Il pirata Barbarosa, che, in seguito alla ferita alla testa, aveva dimenticato di essere stato un forte bevitore di rum, ora se ne stava quasi tutto il giorno disteso sull’amaca a bere succhi di frutta. Il pirata Barbaverde, guarito dal dolore al braccio, si mise a suonare l’ukulele, una specie di chitarra locale. Il pirata Barbablu, ora che la sua schiena non era più dolorante, trascorreva interminabili ore a tuffarsi e a nuotare. Il pirata Barbaviola, velocemente risanata la ferita alla gamba, si lasciò prendere dall’euforia ballando quotidianamente sulla spiaggia la hula, ondeggiando ritmicamente le anche, le mani e i piedi accompagnando i movimenti con buffe espressioni facciali.  Il povero pirata Barbanera, purtroppo, era costretto a portare ancora la benda su un occhio, non ancora del tutto guarito, ma anche con un solo occhio riusciva benissimo a vedere che l’isola era stupenda, una specie di Paradiso in terra, e, come gli altri, decise che era molto meglio starsene a vivere tranquillo piuttosto che tornare a fare il pirata.
Il pirata Barbabianca, essendo l’unico dei fratelli che non aveva riportato ferite, non era stato costretto a stare immobile a curarsi e, dunque, aveva avuto molto tempo per conoscere Capellidoro e innamorarsene, ed anche lei, affascinata dal garbo acquisito sull’isola dal pirata, che ora aveva completamente addolcito il suo aspro carattere, dimenticando di essere stata fatta prigioniera proprio da lui, cominciò a ricambiare il sentimento.
Ormai tutti i pirati avevano deciso di abbandonare la vita precedente, non volevano tornare ad essere dei furfanti vagabondi, preferivano bere un buon bicchiere di latte di cocco al mattino, mangiare pasti caldi, avere un tetto sicuro sulla testa, suonare, cantare, ballare, intrecciare fiori e, soprattutto, non volevano fare più la guerra, ma volevano starsene pace, non volevano più la violenza, ma l’amore.
E vivevano tutti felici e contenti da diverso tempo quand’ecco che, un brutto giorno, un galeone attraccò in porto e dei brutti ceffi, dopo una scorribanda sull’isola, dopo aver depredato e saccheggiato il villaggio, catturarono Capellidoro e la portarono sul galeone. Allora, Barbabianca, rosso di rabbia, bianco di paura per la sua bella, chiese ai suoi fratelli di aiutarlo a salvarla: immediatamente tutti, nessuno escluso, Barbagialla, Barbarosa, Barbaverde, Barbablu, Barbaviola e Barbanera, presero di nuovo le armi e, rapidamente saliti su un’imbarcazione prontamente prestata dagli indigeni, accorsero in aiuto della fanciulla, raggiunsero il galeone e, sguainate le sciabole, ingaggiarono una feroce zuffa e le diedero di santa ragione ai marrani che avevano rapito la fanciulla.
Sconfitti i ribaldi, liberata Capellidoro, si allontanarono tutti di volata verso l’isola incantata, anche perché Barbabianca aveva fretta di unirsi in matrimonio con la sua bella.
Fu, quella, l’ultima avventura dei colorati fratelli che mai e mai più tornarono per mare a fare i pirati e trascorsero il resto dei loro giorni a vivere felici, contenti e in pace.

Il pirata e la sua bella
chiudon qui la mia storiella.
Ritornati sulla terra
insieme gridano: “Abbasso la guerra”!
Stretta la soglia, larga la via,
dite la vostra che ho detto la mia!

 

 

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