Francesca Santucci

 

LA DONNA DI CARTA E L'UOMO D'INCHIOSTRO

 

(Francesca Santucci, Storie colorate, Apollo Edizioni  2018, pp. 108 con immagini, 10,00)

 

 

C’era una volta una donna di carta. Inafferrabile, chiusa nel suo soave mondo di sogno dove trovavano spazio soltanto l’armonia e la bellezza. Lieve volteggiava nell’aria seguendo i voli delle rondini, posandosi aggraziata sulle corolle profumate dei dolci fiori, accompagnando con la sua voce armoniosa le melodie dei ruscelli gorgoglianti fra le verdi distese dei campi, aerea danzando in larghi girotondi con le api, lasciandosi baciare dai tiepidi raggi del sole, illuminandosi d’argento alle carezze della luna.
Tutti gli animali del bosco la conoscevano bene e sapevano anche quanto fosse innocente e svagata, perciò le raccomandavano di fare attenzione, di essere prudente nei suoi voli, perché avrebbe potuto approdare chissà dove, e chiunque, armato di cattive intenzioni, avrebbe potuto farle del male. Lei annuiva con la testa, sorrideva, faceva una piroetta e poi si librava, di nuovo via nell’aria a volare, a cantare, a danzare, a sognare.
Un brutto giorno, però, in cui improvvisa si era scatenata la pioggia e si era levato un forte vento, una folata più intensa delle altre la spinse lontano, lontano, lontano, scaraventandola attraverso una finestra aperta all’interno di una stanza in penombra. Atterrò malamente su una scrivania, fra libri e quaderni, penne e matite, ma non ebbe nemmeno il tempo di riprendersi che sentì qualcosa graffiarla: un uomo d’inchiostro l’aveva afferrata e la stava imbrattando con una penna nera.
-Ahi- lei gridò- mi stai sporcando il bianco vestitino!-
Ma l’uomo d’inchiostro nemmeno le rispose, continuò il suo sporco lavoro e poi l’abbandonò come un foglio vecchio sulla scrivania, e se ne andò lasciandola in lacrime e singhiozzi.
Sulla scrivania c’era una scatola di colori, e accanto un contenitore con tanti bei pennelli che, attirati dal pianto della donna di carta, subito balzarono fuori e le si avvicinarono e, messi al corrente dell’accaduto, molto si commossero, sicché alcuni si precipitarono a inseguire l’uomo d’inchiostro, altri decisero di restare a rincuorarla, altri ancora le promisero che le avrebbero rimesso a nuovo il suo vestitino. E così fecero. Via via intingendo le loro testoline nei colori più belli, con il rosa e con l’azzurro, con il verde e con il giallo, coprirono tutte le brutte macchie d’inchiostro e le rifecero una veste a pois colorati che bella così non si era mai vista prima.
La donna di carta, finalmente, smise il pianto e ritrovò il sorriso, con un inchino ringraziò i nuovi amici e poi via, di nuovo in volo verso il cielo turchino, inseguendo le api e le farfalle, ma, nel prendere la rincorsa verso l’alto, assistette a una scena, giù in basso, che un poco le dispiacque: nel correre via dalla casa, dopo averle imbrattato il vestitino, messo in fuga dalle sue grida disperate, incalzato dai pennelli minacciosi che lo inseguivano, l’uomo d’inchiostro era finito in una pozzanghera d’acqua e ora si stava sciogliendo, sempre di più, sempre di più, finché non si dissolse del tutto. Allora la donna di carta versò qualche lacrima pietosa, ma poi, felice nel suo vestito nuovo, sorvolando i prati fioriti di pallide primule e violette tricolori, candidi giacinti e pervinche celestine, ciclamini rosati e azzurri myosotidi, riprese il suo gaio volo nell’immensità del cielo.

 

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