Francesca Santucci

 

LA PAPERA QUAQUARAQUA

 

(antologia AA.VV., Piccole pesti leggono, Kimerik 2021)

 

Non giudicare sbagliato ciò che non conosci, prendi l’occasione per comprendere.

(Pablo Picasso)

 

Fu una ben strana cosa quella che accadde un giorno tra gli animali del cortile, un fenomeno mai registrato prima, che inizialmente destò grande stupore e incredulità, infine fu unanimemente accettato, ad eccezione di qualcuno, ma si sa, c’è sempre chi, più intelligente, è pronto ad accogliere la diversità e il cambiamento e chi, invece, ottuso, resta indietro. Ebbene, un giorno di fine aprile una bella oca bianca, con la sua voce rauca e starnazzante, annunciò al mondo che aveva deposto le consuete cinque uova, dall’esatta forma ovoidale, con le estremità allungate, il guscio duro e spesso, il giusto peso di 200 gr., solo che, meraviglia delle meraviglie, tra queste c’era un uovo non di colore bianco opaco, come sempre sono le uova dell’oca, ma tutto variegato, colorato di rosa e d’azzurro, di viola e di verde. Già questo suscitò curiosità e perplessità fra tutte le altre oche accorse a congratularsi con lei, che restarono a bocca aperta in un prolungato OOOHH di stupore, ma la meraviglia più grande fu quando, al suo dischiudersi, balzò fuori una paperina che, invece di intonare il verso tipico della sua specie dalla notte dei tempi, QUA… QUA… QUA…, si mise a starnazzare QUAQUARAQUA… QUAQUARAQUA… QUAQUARAQUA. Poi, a balzelli, allegramente zampettando, subito corse a mangiare i chicchi di mais sparsi a terra nel cortile e a strappare ciuffetti di trifoglio e di dente di leone fra l’erba alta. In verità, alcune oche si ricordarono di aver sentito che fra le loro antenate - le oche sacre alla dea Giunone che vivevano sul Monte Capitolino nell’antica Roma - l’oca che per prima fra le sue compagne aveva avvertito i Romani dell’assalto dei barbari, permettendo, così, di difendersi e sconfiggere gli assalitori, aveva lanciato proprio il grido di QUAQUARAQUA ma, da allora, più nessuna di loro si era espressa in quel modo. Il suo buffo verso suscitava la perplessità e l’ilarità, non solo delle altre oche, ma di tutti gli animali, anche delle galline, che non sono stupide, solo talvolta un poco monelle, perciò non smettevano di deriderla, andandole dietro saltando e chiocciando. Ma lei, pur piccolina, si difendeva bene! Sibilava come una serpe e, impettita e fiera, gonfiava il collo, sollevava verso l’alto il capino sormontato da un bel fiocco rosso che la sua mamma le aveva personalmente confezionato e, con tutto il fiato possibile, ancora più forte del solito, con quella sua voce caratteristica simile al suono della tromba, urlava: QUAQUARAQUA… QUAQUARAQUA… QUAQUARAQUA. Capì subito che avrebbe dovuto imporsi in quel mondo di prepotenti, fra le galline che non smettevano d’inseguirla ripetendo stridule i loro COCCODÈ e COCCODÈ, il cane che le abbaiava contro BAU… BAU , e il gatto che, ogni volta che la incrociava, si arruffava tutto, borbottava, soffiava e ripeteva un aggressivo prolungato MIAOOOO. E fu così che le parti s’invertirono e, cioè, adesso era lei che rincorreva gli altri animali, ma quelli reagivano e allora si creava un finimondo. Tuttavia quella situazione a lungo non durò perché la paperina, provvista come tutte le oche di vista acutissima, udito finissimo e odorato di prim’ordine, fiutava i pericoli e così smise di essere aggressiva e cominciò ad aiutare gli animali che si trovavano in difficoltà. Accadde, infatti, che una volta una gallina stava quasi per essere azzannata da una faina, sua acerrima nemica, introdottasi di soppiatto di notte nel pollaio per rubarle le uova. La gallina aveva strenuamente difeso le sue uova, alle quali mancava poco per dischiudersi e lasciar venire alla luce i pulcini, ma la predatrice notturna era diventata ancora più cattiva. Accortasi del pericolo, la paperina subito andò in suo aiuto e, emettendo più fortemente i suoi versi, riuscì a mettere in fuga la faina e a salvare la gallina che, da quel giorno, insieme alle sue compagne, le fu sempre riconoscente. E poi, un altro giorno, un cane stava per essere assalito da un lupo. Subito corse in suo aiuto e, col suo grido roco e penetrane, riuscì a far scappare l’aggressore. E un altro giorno ancora il gatto del cortile stava per vedersela proprio brutta. Lui era abituato a convivere col cane, anzi, erano proprio amici, dormivano pure insieme, ma una volta che il cane era assente dal cortile perché aveva seguito fra i campi il suo padrone, si introdusse una volpe selvatica che per poco non spezzò l’osso del collo al povero gatto. Anche allora la paperina prontamente intervenne e, sbattendo forte forte le ali all’aria e lanciando il suo grido di battaglia, QUAQUARAQUA… QUAQUARAQUA… QUAQUARAQUA…, spaventò talmente la briccona che se la diede a zampe levate. Insomma, il suo intervento si rivelò determinante per la salvezza di molti animali, sicché nessuno più si permise di prender[1]la in giro e non importò che non emettesse, come le altre oche, il verso QUA… QUA… QUA. Anzi, vi dirò di più, anche altri animali del cortile cominciarono a comunicare in modo diverso: il cane non abbaiò più col BAU… BAU ma con il BARA[1]BAU… BARABAU; il gatto non miagolò più col MIAO… MIAO ma con il MARAMIAO… MARAMIAO; addirittura persino il vecchio e austero gallo del pollaio abbandonò il suo CHICCHIRICHÌ a favore del CHICCHIRICHIO e accadde anche che molte galline, ai loro pulcini, invece di insegnare a pi[1]golare con il consueto PIO… PIO…, li esortassero a dire PI[1]RIPIO… PIRIPIO. Proprio non interessò più a nessuno se fosse conforme o meno al proprio genere il modo di esprimersi, l’importante era vivere tutti insieme in armonia e in quel cortile, ormai, regnava solo la concordia. E vi dirò un’altra cosa, che nessuno più si permise di deridere la papera schernendola col “QUAQUARAQUA” e tutti cominciarono a chiamarla col suo vero nome: Gertrude. Inoltre, per ricordare il torto inizialmente fatto alla papera Gertrude, il gallo del pollaio, che si era scoperto un inusuale animo poetico, compose una bella filastrocca da tramandare ai posteri che così recita:

Allegra e felice zampettando qui e là

starnazza la papera Quaquaraqua.

Ma storcono il naso alla strana creatura

perché il suo verso è contro natura.

Poi lei strepitando con voce squillante

 tutti i bricconi mette in fuga all’istante.

 Il cane, il gatto e la gallina,

difende da lupo, volpe e faina.

Perciò più nessuno ora in cortile

continua ad essere a lei ostile.

Più non importa ormai che il suo verso

 dal consueto sia così diverso.

E barabau e chicchirichio

e maramiao e piripio.

E mormorii e miagolii:

ovunque è un grande chiacchierio.

 Ognuno si esprime come gli va

senza paura e in libertà.

Più nessuno ora deride Gertrude

 e qui la storiella si conclude.

 

 

 

 

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