Fu una ben strana cosa quella che accadde un giorno tra gli animali del
cortile, un fenomeno mai registrato prima, che inizialmente destò grande
stupore e incredulità, infine fu unanimemente accettato, ad eccezione di
qualcuno, ma si sa, c’è sempre chi, più intelligente, è pronto ad
accogliere la diversità e il cambiamento e chi, invece, ottuso, resta
indietro. Ebbene, un giorno di fine aprile una bella oca bianca, con la
sua voce rauca e starnazzante, annunciò al mondo che aveva deposto le
consuete cinque uova, dall’esatta forma ovoidale, con le estremità
allungate, il guscio duro e spesso, il giusto peso di 200 gr., solo che,
meraviglia delle meraviglie, tra queste c’era un uovo non di colore
bianco opaco, come sempre sono le uova dell’oca, ma tutto variegato,
colorato di rosa e d’azzurro, di viola e di verde. Già questo suscitò
curiosità e perplessità fra tutte le altre oche
accorse a congratularsi con lei, che restarono a bocca aperta in un
prolungato OOOHH di stupore, ma la meraviglia più grande fu quando, al
suo dischiudersi, balzò fuori una paperina che, invece di intonare il
verso tipico della sua specie dalla notte dei tempi, QUA… QUA… QUA…, si
mise a starnazzare QUAQUARAQUA… QUAQUARAQUA… QUAQUARAQUA.
Poi, a balzelli, allegramente zampettando, subito corse a mangiare i
chicchi di mais sparsi a terra nel cortile e a strappare ciuffetti di
trifoglio e di dente di leone fra l’erba alta. In verità, alcune oche si
ricordarono di aver sentito che fra le loro antenate - le oche sacre
alla dea Giunone che vivevano sul Monte Capitolino nell’antica Roma -
l’oca che per prima fra le sue compagne aveva avvertito i Romani
dell’assalto dei barbari, permettendo, così, di difendersi e sconfiggere
gli assalitori, aveva lanciato proprio il grido di QUAQUARAQUA ma, da
allora, più nessuna di loro si era espressa in quel modo. Il suo buffo
verso suscitava la perplessità e l’ilarità, non solo delle altre oche, ma
di tutti gli animali, anche delle galline, che non sono stupide, solo
talvolta un poco monelle, perciò non smettevano di deriderla, andandole
dietro saltando e chiocciando. Ma lei, pur piccolina, si difendeva bene!
Sibilava come una serpe e, impettita e fiera, gonfiava il collo,
sollevava verso l’alto il capino sormontato da un bel fiocco rosso che
la sua mamma le aveva personalmente confezionato e, con tutto il fiato
possibile, ancora più forte del solito, con quella sua voce
caratteristica simile al suono della tromba, urlava: QUAQUARAQUA…
QUAQUARAQUA… QUAQUARAQUA. Capì subito che avrebbe dovuto imporsi in quel
mondo di prepotenti, fra le galline che non smettevano d’inseguirla
ripetendo stridule i loro COCCODÈ e COCCODÈ, il cane che le abbaiava
contro BAU… BAU , e il gatto che, ogni volta che la incrociava, si
arruffava tutto, borbottava, soffiava e ripeteva un aggressivo
prolungato MIAOOOO. E fu così che le parti s’invertirono e, cioè, adesso
era lei che rincorreva gli altri animali, ma quelli reagivano e allora
si creava un finimondo. Tuttavia quella situazione a lungo non durò
perché la paperina, provvista come tutte le oche di vista acutissima,
udito finissimo e odorato di prim’ordine, fiutava i pericoli e così
smise di essere aggressiva e cominciò ad aiutare gli animali che si
trovavano in difficoltà. Accadde, infatti, che una volta una gallina
stava quasi per essere azzannata da una faina, sua acerrima nemica,
introdottasi di soppiatto di notte nel pollaio per rubarle le uova. La
gallina aveva strenuamente difeso le sue uova, alle quali mancava poco
per dischiudersi e lasciar venire alla luce i pulcini, ma la predatrice
notturna era diventata ancora più cattiva. Accortasi del pericolo, la
paperina subito andò in suo aiuto e, emettendo più fortemente i suoi
versi, riuscì a mettere in fuga la faina e a salvare la gallina che, da
quel giorno, insieme alle sue compagne, le fu sempre riconoscente. E
poi, un altro giorno, un cane stava per essere assalito da un lupo.
Subito corse in suo aiuto e, col suo grido roco e penetrane, riuscì a
far scappare l’aggressore. E un altro giorno ancora il gatto del cortile
stava per vedersela proprio brutta. Lui era abituato a convivere col
cane, anzi, erano proprio amici, dormivano pure insieme, ma una volta
che il cane era assente dal cortile perché aveva seguito fra i campi il
suo padrone, si introdusse una volpe selvatica che per poco non spezzò
l’osso del collo al povero gatto. Anche allora la paperina prontamente
intervenne e, sbattendo forte forte le ali all’aria e lanciando il suo
grido di battaglia, QUAQUARAQUA… QUAQUARAQUA… QUAQUARAQUA…, spaventò
talmente la briccona che se la diede a zampe levate. Insomma, il suo
intervento si rivelò determinante per la salvezza di molti animali,
sicché nessuno più si permise di prender[1]la
in giro e non importò che non emettesse, come le altre oche, il verso
QUA… QUA… QUA. Anzi, vi dirò di più, anche altri animali del cortile
cominciarono a comunicare in modo diverso: il cane non abbaiò più col
BAU… BAU ma con il BARA[1]BAU…
BARABAU; il gatto non miagolò più col MIAO… MIAO ma con il MARAMIAO…
MARAMIAO; addirittura persino il vecchio e austero gallo del pollaio
abbandonò il suo CHICCHIRICHÌ a favore del CHICCHIRICHIO e accadde anche
che molte galline, ai loro pulcini, invece di insegnare a pi[1]golare
con il consueto PIO… PIO…, li esortassero a dire PI[1]RIPIO…
PIRIPIO. Proprio non interessò più a nessuno se fosse conforme o meno al
proprio genere il modo di esprimersi, l’importante era vivere tutti
insieme in armonia e in quel cortile, ormai, regnava solo la concordia.
E vi dirò un’altra cosa, che nessuno più si permise di deridere la
papera schernendola col “QUAQUARAQUA” e tutti cominciarono a chiamarla
col suo vero nome: Gertrude. Inoltre, per ricordare il torto
inizialmente fatto alla papera Gertrude, il gallo del pollaio, che si
era scoperto un inusuale animo poetico, compose una bella filastrocca da
tramandare ai posteri che così recita:
Allegra e felice zampettando qui e là
starnazza la papera Quaquaraqua.
Ma storcono il naso alla strana creatura
perché il suo verso è contro natura.
Poi lei strepitando con voce squillante
tutti
i bricconi mette in fuga all’istante.
Il
cane, il gatto e la gallina,
difende da lupo, volpe e faina.
Perciò più nessuno ora in cortile
continua ad essere a lei ostile.
Più non importa ormai che il suo verso
dal
consueto sia così diverso.
E barabau e chicchirichio
e maramiao e piripio.
E mormorii e miagolii:
ovunque è un grande chiacchierio.
Ognuno
si esprime come gli va
senza paura e in libertà.
Più nessuno ora deride Gertrude
e
qui la storiella si conclude.