Francesca Santucci

Lettera d'amore

(dall'antologia AA.VV., "Poesie e Lettere d'amore" , Kimerik 2017)

Haruyo Morita, Love letter.

Mio Amato,

per tutta la notte qui, stanotte, ha imperversato la tempesta, con raffiche di vento così impetuose che sembrava di essere in uno di quei paesi del nord dell’Europa continuamente sferzati dalla furia dell’elemento, e  la pioggia che, imperterrita, picchiava contro i vetri, anche nei momenti di requie argentina non era, ma lugubre lamento ostinato, simile ad un canto intonato dai morti sotto le bianche croci dei cimiteri, e m’intristiva e m’immalinconiva, perché ad ogni suo battere sembrava volermi ricordare che tu sei lontano ed io sono sola senza te.
Tra fulmini e tuoni e pioggia battente, mentre fuori la Natura si scatenava, anche i pensieri nel mio cervello hanno cominciato a vorticare veloci come lampi, in sospensione tra passato e presente, sempre, poi, riconducendomi al presente, orribile, perché sono, questi,  i giorni della disperazione, che vivo come fossi una condannata: il mio reato  amarti, la pena starti lontana.
Di nuovo stanotte, come ogni notte, il mio Sentimento ha abbattuto la barriera temporale ed il Pensiero ha sconfinato oltre, ricongiungendomi a te nel sonno, nel sogno.
Distintamente ho udito la tua bella voce, ascoltato le tue parole d'amore, ancora mi sono lasciata avvolgere dai tuoi abbracci: ero felice!
Poi le luci dell'alba m'hanno inferto la ferita mortale, ho tentato di oppormi al  risveglio, serrando forte le palpebre per non accogliere la luce (che è, poi, tenebra, tu mancando!): ma nulla, vano ogni tentativo, quelle m'hanno ridestata riportandomi alla vita, che vita non è senza te, è morte, e l'altra dimensione, quella che è simile alla morte, il sonno che mi porta il sogno e te, quella, invece, è per me la vita.
Anche questa  notte l’ho trascorsa così, piangendo pensandoti mentre fuori pioveva, fantasticando, sognando, nell’attesa che il temporale passasse per poterti scrivere e spedire questa lettera. 
Ed anche ora, intanto che scrivo, il cielo permane grigio, nuvoloso, triste, ma da diversi giorni, ormai, è così,  grigio, nuvoloso, triste; quando piove (ad eccezione della notte appena trascorsa), non è mai temporale improvviso, violento, passeggero, bensì pioggia fitta, sottile, persistente, che non sgombra il cielo, ma sempre più lo opprime di cupi nembi, che s'ingrossano, s'incalzano l'un l'altro, si gonfiano, si gonfiano, fino ad esplodere.
Talvolta un raggio di sole nascosto s'insinua, riesce ad aprirsi un varco, per qualche istante pare irradiare una luce ed un calore incredibili, insospettabili per un raggio così fievole, allora sembra quasi  che riuscirà a spazzare via definitivamente quei nuvoloni, ma è solo l'illusione d'un momento: il cielo resta grigio, nuvoloso, triste, perché quel raggio di sole non è il sole, troppo debole, mai riuscirà a sconfiggere l'opprimente tenebra. Forse il raggio arriva tardi, forse non è abbastanza forte, forse troppe sono le nuvole che lo ostacolano, forse ancora non è la sua stagione, oppure non lo è più.
Ora sono le 5 del mattino, il cielo comincia a schiarirsi. Non è più notte eppure è ancora notte, ancora non è giorno, eppure è quasi giorno. Odo in lontananza le prime voci della natura e degli uomini che si ridestano, gli echi dei  passi dei rari passanti.
Rabbrividisco all'aria fresca e leggera del primo mattino che s’insinua dall’imposta socchiusa, allontano lo sguardo dal foglio e scruto il cielo che, pian piano, muta il suo colore livido, intanto che  l’argentata luna progressivamente impallidisce: tra poco, infine,  si occulterà del tutto.
Scorgo in cortile qualche  gatto già  a caccia, che scova tra le foglie dei rossi gerani, madidi di pioggia, un insetto, in lotta sul selciato con l'incauta formichina che ha sconfinato nel suo territorio.
Mi piace starmene qui a quest'ora,  lasciare che il vento leggero del primo mattino s’insinui e sfiori il mio viso come la carezza consolatrice d'una madre, d’un innamorato; mi piace indugiare, contemplare, fantasticare. In questi lunghi momenti di transizione fra la notte e il giorno riesco persino a rilassarmi, svuotando la mente d'ogni pensiero; li scaccio tutti, tranne uno: il pensiero di te, lontano, distante. Rabbrividisco e t'Amo, e t'amo ora più di quanto t'amassi ieri.
Il chiarore, ormai, avanza, mi ridesto dall'incanto della sospensione, mi dico che è tempo di andare, di affrontare il nuovo giorno, che sarà eguale a ieri, perché sarà un nuovo giorno senza te; ancora la casa tacerà, ed il silenzio, mare profondo in cui mi sembrerà d'annegare, urlerà la tua assenza; ancora m’arderà dentro il desiderio di te.
Triste consolazione: ti spedirò questa mia lettera d’amore.

 

Francesca

pubblicata sul "Corriere della sera"  on line nell'ambito dell'iniziativa "Lettere d'amore" 2016

http://www.corriere.it/spettacoli/16_luglio_18/lettere-d-amore-8d2b295c-4d00-11e6-b4d6-1a2d124027e8.shtml

Menzione Speciale alla IV edizione del Concorso Letterario Nazionale

 “San Valentino: poesie, racconti e lettere d’amore” maggio 2007

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Cara Francesca,

ho letto la tua lettera, così fiabesca nella sua sospensione tra notte - sogno - alba, eppure così vera nel rendere lo strazio dell'assenza (di ogni assenza: quella nello spazio reale e quella dell'altrove sconosciuto e vagheggiato ed irreale ...); l'atmosfera è per il lettore anch'essa sospesa fuori dal tempo, anche se io ho immaginato un'antica, romantica dama, senza telefono e posta elettronica, solo con il suo scrittoio, la carta e la penna e tutto il tempo che richiedono le lettere di carta e di penna.

Eleonora Bellini

Semplicemente stupenda...la voce di una donna sola che si oppone alla mancanza dell'amato che le lacera il cuore. Il susseguirsi dei suoi pensieri, che a volte portano a distrarla ma a ripercorrere sempre quella mancanza, è la voce di una donna che anela e, ansiosa, si esprime in un atteggiamento nevrotico di chi non ha più la terra sotto i piedi...e il microcosmo e il macrocosmo si uniscono in un'unica danza da tempesta.

Maria Balzamo

 

 

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