"Tradizioni nordiche" www.francescasantucci.it Melodia d'amore di Francesca Santucci, dall'antologia AA.VV, "Racconti in sogno",edizioni 2025

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Francesca Santucci

 

MELODIA D'AMORE

 

 

 

 

  

 

È opinione comune che ogni essere umano commetta una follia almeno una volta nella vita: era accaduto anche a Laura. Quando si credeva al tramonto, non per una realtà anagrafica, ma per una certa stanchezza dell'anima che la privava di sussulti ed emozioni, era stata intrappolata in una storia d'amore sbagliata sin dall’inizio, perchè senza sbocchi, il cui ricordo, poi, era rimasto seppellito dentro di sé per anni e anni, fino a quella mattina.

Era d’autunno. Le foglie verdi prima si erano ingiallite, poi, in una meravigliosa tavolozza di colori cangianti,  erano diventate arancioni, rosse e infine marroni. Alcune, cadute, avevano creato un tappeto sotto gli alberi, altre, trascinate più lontano, crepitavano croccanti sotto i passi, altre ancora già prendevano il volo fra le braccia dei primi venti freddi: la loro visione riscaldava il cuore di un insolito tepore e imprimeva al paesaggio una nuova bellezza.

Quel giorno, mentre dalla finestra osservava lo spettacolo meraviglioso che le offriva la Natura, la radio aveva rimandato un vecchio brano francese intonato dalla voce dolcissima di una cantante greca,Vicky Léandros, “L’amour est bleu”, e il pensiero di quell'antico amore era riemerso, assalendola prepotenti i ricordi.

Era stato una follia quell’amore, un delirio, aveva consumato come una febbre, ma era stato anche come l’acqua per l’assetato, il nutrimento per l’affamato, e aveva rigenerato come fa la pioggia con la terra riarsa dal sole rovente. Quell'amore era stato un sogno bellissimo dal quale mai avrebbe voluto risvegliarsi, ma anche un errore, un peccato, che, forse, aveva commesso perché assediata, incalzata: ma come avrebbe potuto non essere conquistata dal serrato corteggiamento di lui, dalle sue parole d’amore, dai versi che le recitava, dalle lettere appassionate che le scriveva?

 

 

In una lettera, esaltato, era arrivato a dire che avrebbe voluto morire annegando nei suoi occhi azzurri. E in un’altra che se avesse rifiutato d’incontrarlo si sarebbe dato la morte.

-“Senza di te non respiro, sei la mia stella, la luce dei miei occhi”- le ripeteva. E lei ci credeva.

La voleva fortemente, ma la violenza di quel sentimento spaventava Laura, però anche lei voleva lui, e pur se esitante, infine aveva ceduto. E la passione era divampata come un incendio violento, accendendo entrambi, ma poi, acquietato il desiderio, come il fuoco che si spegne al contatto dell'acqua, di colpo si smorzò. Tornato alla sua quotidianità, lui smise di cercarla, di assediarla, nemmeno un rigo sulla loro storia.

Laura si sentì come un violino che, separato dal suo archetto, non vibra più. Soffrì molto per quello strappo, a lungo restò nel dolore, nella disperazione, anche nella rabbia per la sua ingenuità, per aver creduto alle parole d’amore di un uomo finalizzate ad un unico scopo, al...come lo aveva chiamato?... ah, sì, “desiderio dell’unione”.

Lui uscì per sempre dalla sua vita, mai dal suo cuore.

Dopo la fine di quella storia, nella quale addio non ci fu, Laura fu come in preda a una febbre che la consumava. Disillusa, addolorata, ancora l’amore, nonostante tutto, permaneva come un tizzone ardente nel suo cuore. Nascostamente, piangeva lacrime amare.

Quella febbre durò anni, durante i quali non si accorse delle cose intorno a sé, nemmeno del tempo che passava, poi s’impose di non pensarci più, seppellì ogni ricordo di quella storia dolorosa, fino al giorno in cui aveva sentito quella canzone.

Come recitava il testo, l’amore, una follia nella quale entrambi si erano smarriti, che aveva fatto irruzione inaspettato nel suo cuore, era stato  blu, il colore della fiducia, della tranquillità, della pace: lei aveva creduto in lui  e tra le sue braccia aveva trovato requie ai suoi affanni. Quell’amore le era stato vitale, una grigia tristezza calava sul suo cuore, e sembrava che il cielo grondasse lacrime e il vento gemesse quando era costretta a salutarlo, ma quando, poi, lo ritrovava, si rasserenavano entrambi, il cielo e lei.

E ora, a dispetto del tempo trascorso, come una melodia di nuovo risuonava nella mente di Laura il ricordo di quell’antico amore, del quale  voleva ricordare soltanto le note romantiche e gli accenti appassionati. E nulla di quel periodo rimpiangeva. Come recitava un’altra famosa  canzone francese, a se stessa ripeteva:  Non, je ne regrette rien (No, non rimpiango niente).

 

 

 

 

 

 

 

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