| 
      
      
      
         
      
      Eleonora Bellini 
      
       
      
      Il passato vivente di Francesca Santucci 
      
        
        
      
      
      “Siamo dei nani 
      sulle spalle dei giganti”, è la citazione posta in apertura – ed è anche 
      la chiave di lettura - del più recente libro di Francesca Santucci, 
      Messaggi dall’antichità. Saggio sul passato e sul concetto di antichità (Kimerik 
      Edizioni, pag. 182, euro 14). Questa fede nel passato, fondamento e 
      maestro del presente, guida verso il futuro, è esplicitamente dichiarata 
      dall’autrice nella sua nota di apertura al libro. Una dichiarazione che, 
      visti i tempi che corrono, considerata l’ossessiva e petulante 
      corsa, in ogni sede, verso una generica e non meglio definita “modernità” 
      - pericolosa proprio per la sua genericità ed indefinitezza, per il suo 
      calpestare ogni ideale ed ogni fatica dei padri – è certo ammirevole e 
      coraggiosa.  
      Il libro si articola in dodici capitoli, ciascuno dei quali costituisce un 
      breve saggio in sé compiuto. Esemplare a questo proposito già il primo 
      capitolo, “Canto la storia di Leandro ed Ero”, nel quale il mito dei due 
      innamorati è raccontato con passione, ma anche con rigore e ricchezza 
      documentaria. Ne vengono esaminate le fonti e le tradizioni poetiche, dal 
      più antico Museo ai latini Virgilio ed Ovidio, nonché le fortune nelle 
      epoche successive, dall’omonimo poemetto cinquecentesco di Christopher 
      Marlowe alle riproposizioni in campo pittorico (dai secenteschi Fetti, 
      Regnier e Gimignani fino al visionario Turner), alle rielaborazioni in 
      campo musicale (Grillparzer e Boito). Così nel successivo capitolo 
      “Istruzione ed educazione nel mondo romano”, ricco di notizie – tra le 
      quali anche la trattazione dei diversi materiali scrittori, dalle 
      tavolette cerate al papiro, alla pergamena –, dotato di un utile glossario 
      finale, e tuttavia di assai piacevole lettura. Seguono capitoli dedicati 
      alle procedure di igiene quotidiana, alle usanze matrimoniali, alle 
      credenze magiche e superstiziose, al culto dei morti nella Roma antica. 
      Quindi tre saggi dedicati alla grande poesia d’amore dell’antichità, 
      quella immortale di Ovidio, di Catullo, del Virgilio che ci racconta 
      Didone. Poesia e tematica che sembrano particolarmente congeniali 
      all’autrice – ma a chi non lo sono? – la quale ha personalmente tradotto 
      nella nostra lingua, facendoli rivivere con maestria poetica, gran numero 
      dei passi latini in essi riportati. Poi una storia di morte, la catastrofe 
      di Pompei, distrutta dal Vesuvio, a proposito della quale la Santucci, 
      quasi volesse suggerire che, affinché il passato sia davvero vivo, il 
      passato deve essere ascoltato, così conclude: “E’ il silenzio che si 
      addice alle commoventi rovine di Pompei, un rispettoso silenzio, perché 
      nelle sue strade aleggia e aleggerà per sempre l’ombra tragica di tutte le 
      vittime che non riuscirono a scampare alla furia distruttiva del vulcano, 
      che potrebbe risvegliarsi con la stessa violenza e causare nuovamente un 
      numero incredibile di morti dal momento che, dimentico della lezione già 
      impartitagli dalla natura, l’uomo, in selvaggia speculazione edilizia, ha 
      continuato a riedificare proprio nei luoghi di quella spaventosa tragedia 
      dell’antichità” (pag. 144).  
      Il libro si conclude con due trattazioni originali, che aprono problemi e 
      storie nuove trasportandoci, tra l’altro, nella prospettiva successiva al 
      diffondersi in Occidente del cristianesimo: nel primo, “Le parole di Gesù 
      nei secoli dei secoli”, l’autrice esplicitamente pone l’accento sul 
      messaggio di “tolleranza, comprensione, amore pace” che riverbera nella 
      parola del Cristo; nel secondo, “Giuditta e Oloferne”, l’accento è posto, 
      da un lato, sull’influsso profondo e costante che il messaggio biblico ha 
      avuto sull’arte, dall’altro su questa possente e complessa figura di donna 
      e, insieme, sulla rivisitazione pittorica della sua epopea. 
      Una esauriente bibliografia conclude la fatica di Francesca Santucci, una 
      fatica piacevole, crediamo, perché condotta a termine con convinzione, 
      partecipazione e conoscenze profonde e soprattutto perché concretata in un 
      linguaggio scorrevole ed avvincente, sia per il lettore avvezzo a questi 
      argomenti, sia per quello che li affronta per la prima volta. 
      
      
      
      (recensione di Eleonora Bellini 
      
      
        
      
        @ 
         |