Gianmario Lucini

 

Nota critica ad una selezione di poesie   

  

La sua poesia è, per così dire, "sensitiva": l'autrice parla di "affanno" non specificando il motivo dell'affanno, evoca immagini cupe (l'assassinio, il coltello, la decomposizione, i morti e la morte - parole ripetute quasi con ossessione) come segni che si affacciano alla sua personale sensibilità, verso le quali ella non si pone come "filtro" cognitivo, lasciandosene attraversare e limitandosi a registrare.  Ma è chiaro che l'inquietudine non è soltanto metafisica, poiché l'autrice è saldamente legata alle sensazioni, al corpo, ai sensi (che poi è caratteristica di un certo "realismo" femminile, tipico della donna, così come il maschile è portato ad astrarre, spesso perdendo il contatto col reale).
Ma lo stesso atteggiamento, questo "lasciarsi attraversare" come antenna che coglie le vibrazioni e le trasmette, senza mostrare la pretesa di interpretarle o la volontà di "tradurle" in altro da una nuda ansia esistenziale (atteggiamento che non deve essere interpretato come "fragilità" dell'impianto speculativo - e su questo ci insegna molto la poesia di Corazzini, ad esempio), lo troviamo anche nelle altre poesie di Francesca Santucci.  E' dunque da una sicura personalità che non ha bisogno di esplicitazioni ideali o ideologiche, di crearsi insomma una specie di alone speculativo nel quale inquadrare una propria visione del mondo, perché, in ultima analisi, conta quello che il corpo sente, quello che lo spirito soffre, non tanto il chi, il che cosa, il perché della sofferenza.
In questo contesto, acquistano particolare forza alcuni versi che, a volte chiosano e a volte danno come delle virate improvvise al testi, accendendo nel testo improvvisi guizzi; ad esempio quel "...improvvisa / la parola arriva: allora / si rivela varco e scampo", oppure quel "trapassa e resta" della seconda poesia.  Una tecnica questa, che tende a convogliare la composizione verso un climax rappresentato da pochi versi che, con sottilissimi nessi e trame, reggono tutta la struttura interna di ogni lavoro, sia stilisticamente che nel senso di messaggio o atto comunicativo.

  LA PAROLA

  

Respiro nell’affanno, lampo

nella notte, squarcio

turchino nel procelloso cielo,

fondale nel mare, riva

ed approdo quando taciuta,

occultata, nascosta, improvvisa

la parola arriva: allora

si rivela varco e scampo.

  

  

AFFANNI

  

Affanni simili a stridii rauchi

come di gabbiani in volo

 in lontananza, e la voce del mare

 ne rimormora gli echi.

  

  

L’AFFANNO

   

Non temporale di primavera

senza tempesta disperso:

nella desolata periferia

del cuore l’affanno non migra,

trapassa e resta.

  

  

2 NOVEMBRE

  

Campana a morte,

campana di morte:

è il giorno dei morti!

Sapere non voglio

dove i morti hanno tana,

nemmeno risorti

li voglio. Crudele il destino

sarebbe: morirebbero

ancora!

  

Campana a morte,

campana di morte:

è il giorno dei morti!

Tra le gialle foglie e i senza vita

fiori, tra i sorrisi pallidi e le lacrime

bianche, tra le cose defunte

e smunte annovero defunto

anche l’amore,

  

senza resurrezione.

  

  

HO UN COLTELLO DALLA LUNGA LAMA

  

Ho un coltello dalla lunga lama.

è lucido, argenteo, aguzzo ed affilato

adatto all’uso che l’uso

corrente ne consente.

   

E squarci e tagli e lacerocontuse

ferite e varchi, altri varchi ricorda

(vene, vene violette e azzurre, e polsi,

polsi lisci e bianchi) …

   

Ma giorno verrà che all’uso che l’uso

corrente consente ne dissenta, allora

infierirà l’ultimo squarcio.

  

  

PRESENZASSENZA

              (in memoria di Maria)

   

In luminosa oscurità splendente

il giorno (rossiaccesi gerani squillanti

dalla carezza del sole settembrino

lambiti) oltre la finestra tu, Penelope,

Maria, giacevi, corpo disfatto già

in decomposizione

al regno delle ombre consegnato.

Intorno sedie vuote, tavole sbandite,

letti disfatti, lama risplendente

rossosangue, inadeguati gridavano

le voci: tu assente, ancora nel silenzio

reclamavano presente.

  

    

 

 

 

 

 

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