Francesca Santucci

 

TARALLI SUGNA E PEPE

 

(dall'antologia AA.VV., “Tutti a tavola”, Edizioni  Alcheringa 2018)

 

https://www.blomming.com/it/prodotto/17676477

Fortunato tene 'a rrobba bella e pe' chest adda allucca'
è 'na vita ca pazzeja p'e vie 'e chesta città.
Saluta 'e ffemmene a'ncoppa 'e barcune
viecchie, giuvene e guagliune
ce sta chi dice ca è l'anema 'e chesta città.
Furtunato tene 'a rrobba bella, nzogna nzò.
1

 

Presente tutt’oggi nell’immaginario collettivo napoletano, immortalato anche da Pino Daniele nel famoso brano “Furtunato”, contenuto nell’album “Terra mia”, era un vero personaggio il venditore ambulante “Furtunato o tarallaro”, Fortunato Bisaccia, figlio della vedova di un ufficiale di Marina e di un cocchiere, cresciuto dalla sola madre tra innumerevoli difficoltà.
In giacchetta e cappello bianco, la sua divisa da lavoro, vendeva stuzzicanti e appetitosi taralli sugna e pepe, che portava in giro su un passeggino adattato a carrettino targato NA832075, sul quale aveva incisa la scritta “La Ditta Fortunato. Lunedi chiuso per riposo settimanale”. 
I
l suo richiamo di vendita, che riecheggiava in tutti i quartieri, da Piazza Dante a Piazza Carità, per via Toledo e in tutti i vicoli adiacenti a queste strade, era: " Furtunat' tene a rrobba bella, nzogna nzò". Le donne calavano i panieri dai balconi e acquistavano i suoi profumatissimi taralli.
È stato l’
ultimo tarallaro di Napoli, attivo fino alla fine degli anni ’80, poi, ormai vecchio e malato per continuare a lavorare, la sua voce si è spenta per sempre, ma la tradizione dei mitici taralli sugna e pepe, in vendita ovunque nella città, nota pittoresca del lungomare, dove si acquistano nei caratteristici chioschetti e si consumano accompagnati da birra ben fredda (ma un tempo andavano mangiati inzuppati nell’acqua di mare), a Napoli continua.
Propongo qui la ricetta di mia madre per questo sfizio tutto napoletano, che affonda le radici nel ‘700, che in origine prevedeva un impasto da cuocere in forno costituito solo da avanzi di pasta lievitata ai quali si aggiungeva un po’ di “nzogna” (la sugna) e parecchio pepe, e che nell’800 si arricchì di un prezioso elemento: le mandorle.
Il procedimento è semplice, la doppia lievitazione richiede un po’ di tempo, ma la bontà del risultato finale è assicurata!

 

Ingredienti per 30 taralli circa:

 

500 gr. di farina

150 gr.  di sugna

30 gr. di lievito di birra

250 gr. di mandorle (metà pelate)

2 cucchiaini di pepe nero

2 cucchiaini di sale

 

Preparazione

 

Sciogliere il lievito con un dito d'acqua tiepida ed unirlo a 100 gr. di farina, impastare, formare un piccolo panetto, incidere a croce sulla superficie e porre a lievitare in una ciotola.
Quando avrà raddoppiato il volume, aggiungere la restante farina, il sale, il pepe, la sugna (senza scioglierla), la metà delle mandorle pelate tritate e tanta acqua tiepida quanto basta per ottenere un bel panetto morbido e compatto da lavorare energicamente sopra il piano di lavoro per 10/15 minuti. Dall’impasto pronto ricavare dei bastoncini dello spessore di un dito e lunghi circa 15 cm., intrecciare i bastoncini due alla volta e dare la forma tipica del tarallo, a ciambella. Decorarli con le mandorle rimaste e porli a lievitare su una tovaglietta infarinata finché non avranno raddoppiato il volume (ci vorrà circa un’ora e mezza).
Terminata la seconda lievitazione disporli su una teglia rivestita con carta da forno e infornarli a 180 gradi, in forno preriscaldato, per 50-60 minuti.

 

 

1)        Furtunato vende cose buone e perciò deve gridare/ gioca da una vita/per le strade di questa città./ Saluta le donne affacciate ai balconi/vecchi, giovani e ragazzi/ c’è chi dice che è l'anima di questa città. / Furtunato vende cose buone, sugna, sugna.



 

 

 

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