Francesca Santucci

 

UNA BRUTTA AVVENTURA DELLO GNOMO ALFRED

 

(antologia AA.VV., Ti racconto una favola, VII edizione, Casa Editrice Kimerik 2022)

 

 

Cari bambini e care bambine, dovete sapere che gli gnomi sono un popolo intelligente e curioso, di grande memoria e abilità pratica. Piccoli di statura (da adulti, intorno ai 300 anni, l’altezza media che raggiungono è di soli 15-20 centimetri), però vivono un tempo lunghissimo: i maschi fino a 900-950 anni, le femmine superano anche i mille anni di età. 
Caratteristica di ogni gnomo maschio sono i baffi e, soprattutto, la barba, simbolo di saggezza e affidabilità, che gli cresce quando ha 80 anni,  diventando grigia nella maturità, e che non rade mai. In testa porta sempre un cappello a cono, spesso di colore rosso.
Gli gnomi abitano nei boschi, in case collocate fra le radici di un albero, generalmente un abete o una quercia, dipende se vivono in una zona silvestre o mediterranea.
La loro casa, che, per protezione, ha l’ingresso mimetizzato con muschi e licheni, si compone di diverse stanze: la cucina, con un grande camino, che funge anche da salotto, dove la famiglia si riunisce per stare insieme, da sola o con gli amici e, naturalmente, per pranzare; poi la camera da letto, il bagno e il ripostiglio-laboratorio, dove lo gnomo maschio, quando non è impegnato all’esterno, trascorre la maggior parte del suo tempo realizzando prodotti artigianali, in legno, in ceramica o in altri materiali.
Particolare è la loro alimentazione. Gli gnomi assolutamente non mangiano la carne (infatti tra le loro attività proprio non rientra la caccia!), ma uova di piccoli uccelli, e prediligono i funghi, che le gnome cucinano in svariati modi: bolliti con erbe aromatiche, al vapore o alla griglia. Gradiscono anche i cereali, come il grano, la segale, il farro, e qualche volta il mais, che usano (macinati, tostati o cotti) per preparare zuppe, accompagnate da ortaggi di stagione.
Le gnome sono abilissime nella preparazione del “pane aromatico”, che impastano con farina di grano, di segale o castagne, arricchita con le più diverse erbe odorose usate anche nelle zuppe. D’inverno preparano pure il pane alle noci, che agli gnomi piace mangiare davanti al camino e, sempre dalle noci, ricavano un burro molto dolce, del quale sono golosissimi.
Sulla tavola di queste creature particolari non mancano mai, poi, il miele, consumato soprattutto durante l’infanzia, le marmellate, ricavate da frutti di bosco come i mirtilli, le more, i lamponi, i ribes e le fragole e i dolci, spesso a base di frutta.

Di gnomi, considerati spiriti della terra e del sottosuolo, capaci di spostarsi facilmente all'interno del terreno, esistono molte razze, ma lo gnomo silvestre è quello considerato il ceppo originario di tutte le altre specie. Abitatore dei boschi, che conosce fin nei suoi più remoti spazi, vive in perfetta sintonia con la natura, che ama infinitamente. Grande camminatore ed esploratore, è esperto di erbe officinali.

A queste creature, di statura così piccola ma grandemente laboriose e sagge, appartengono, pur se alla lontana, anche gli gnomi giganti. Sì, lo so che voi che mi state leggendo avrete sgranato gli occhi pensando: Ma come fa uno gnomo a essere gigante? Avete ragione, per definizione uno gnomo è una creaturina piccola piccola, ma vi assicuro che, anche se se ne parla poco, esistono. Sono lontani parenti degli gnomi silvestri, molto più alti di uno gnomo medio e possono arrivare anche a mezzo metro di altezza. Purtroppo, però, sono poco affidabili, amano stare in ozio e alcuni hanno un carattere maligno e vendicativo, tuttavia non per questo bisogna generalizzare. Ma venitemi dietro e ascoltate questa storia in cui un giovane gnomo mite e buono, vittima di un sortilegio, fu scambiato per un cattivo gnomo gigante.

Dunque… in una bella famigliola di gnomi, c’era una volta uno gnometto di nome Alfred. Alla nascita era di normali dimensioni, perciò era stato fasciato con vesti, cuffietta e scarpine di lana piccine piccine e la sua mamma gli aveva dato il latte con un biberon minuscolo, e, quando era stato svezzato, aveva mangiato la pappa da un piattino piccolissimo. Anche la sua culla prima e il suo lettino, dopo, erano stati della sua ridotta misura, ma poi accadde qualcosa che lo fece diventare davvero smisurato per uno gnomo, alto alto, con le mani e i piedi enormi, le orecchie appuntite, e persino la barba, che sempre gli gnomi si lasciano crescere lunga, era diventata lunghissima.

Ma ecco cosa accadde. Un giorno che errava per il bosco, intento a cercare legna da ardere per riscaldare la sua casina, nella quale viveva con i suoi genitori, arrivato fin quasi al fiume, scorse da lontano una fanciullina bellissima, con lunghi capelli scuri attorti in mille riccioli, gli occhi di un bel verde cupo, le gote rosate: era una ninfa, sulla quale nessuno sguardo, gnomesco o umano, poteva posarsi, pena una tremenda punizione, essendo gelosissimo il suo sposo, lo Spirito dei boschi. Ma questo Alfred allora non lo sapeva, perciò, già in età da moglie, ma giovane e inesperto, rapito da quell’incanto, subito s’infiammò d’amore. Deciso a chiederla in sposa, baldanzoso le si avvicinò silenziosamente e poi, con un saltello, le si parò davanti di colpo e, repentino, le prese una mano, ma quella si spaventò a morte e cominciò a chiedere aiuto.

Improvviso come un colpo di vento si materializzò lo Spirito dei boschi che, fissando torvo Alfred, roteando gli occhi rossi, avvitando furente la lunga coda intorno al suo corpo verde, gli scagliò contro una tremenda maledizione:

- “Per aver osato rivolgere così in alto il tuo sguardo, io ti condanno a diventare tanto alto da non poter più entrare nella tua casa!” -

E, toccatolo con un lungo bastone, lo trasformò all’istante in un gigante. Poi, presa fra le sue lunghe braccia la ninfa, in un attimo si dileguò, lasciando incredulo e frastornato da quanto accaduto Alfred che, per un attimo, pensò di aver sognato perché, appunto, non vedeva più nessuno accanto a sé, né la ninfa né lo Spirito. Ma poi si rese conto quasi subito che qualcosa non andava. I fiori, che erano sempre stati più alti di lui, ora erano piccolissimi; per raccogliere i funghi, sotto i quali un tempo si riparava dalla pioggia, adesso doveva chinarsi; le foglie, sulle quali si stendeva a prendere il sole, erano di dimensioni ridottissime. Tutto era più piccolo, persino gli scoiattoli che saltellavano dimenando a destra e a sinistra quelle code che un tempo gli facevano paura, e le civette che sporgevano dai buchi nei tronchi, e anche i tordi e i cuculi si erano rimpiccioliti.

Si guardò le braccia e le gambe e le scoprì di dimensioni esagerate, i piedi gli erano diventati enormi, il collo gli si era allungato e la testa si era ingrandita …e sì, qualcosa non andava. Allora corse al fiume a specchiarsi, ma per poco non inciampò nella sua barba che gli era cresciuta fino ai piedi, e quando si guardò nell’acqua fu sul punto di svenire. Non si riconosceva più: era diventato uno gnomo gigante! Si voltò di scatto e corse verso il villaggio degli gnomi, a casa sua, ma faticò a trovare la strada e a riconoscere il suo albero. Sconfortato si sedette su un tronco, quand’ecco che si accorse di una folla di minuscole creature che correvano all’impazzata, cercando di allontanarsi da lui il più in fretta possibile gridando:

- “È uno gnomo gigante, è cattivo, via, via, via…” -

Allora Alfred riconobbe gli abitanti del suo villaggio e vide pure i suoi genitori, ma si rese conto che nessuno di loro aveva riconosciuto lui. Tutti lo scambiavano per uno di quegli gnomi giganti malvagi e dispettosi con i quali, seppure alla lontana, erano imparentati. A quel punto si rese conto in che razza di pasticcio si trovava. Non solo la sua gente non lo riconosceva e lo evitava, ma ora non aveva più una famiglia e non aveva più nemmeno una casa perché non poteva entrarci, essendo diventato di proporzioni smisurate. Ma il suo animo non era cambiato, restava pur sempre un giovane gnomo sensibile. Disperato, cominciò a piangere, quand’ecco che, fra le lacrime, distinse una piccolissima gnometta con le gote rosee e due fossette sul viso, le bionde trecce annodate con fiocchi colorati cascanti da sotto un cappello rosso a punta, una vestina pure rossa con un grembiule ricamato, un cestino al braccio, una margherita in una mano, che lo fissava con occhi sgranati ma non spaventati. Asciugandosi le lacrime, muovendosi cautamente per non spaventarla, Alfred le chiese:

- “Come mai tu non scappi? Hai sentito cosa hanno detto? Che io sono uno gnomo gigante, stupido e cattivo!” -

E la gnometta rispose:

- “Non scappo perché ti ho riconosciuto, anche se ora sei molto più alto. Ti ho visto tante volte cercare la legna, raccogliere i frutti di bosco e le erbe, ma tu non ti sei mai accorto di me…” - concluse sospirando.

- “Come ti chiami?” - chiese Alfred.

- “Mi chiamo Donella!” -rispose lei.

E aggiunse:

- “Ma come mai sei diventato così alto?” -

Allora Alfred le aprì il suo cuore e, sconsolato, le confidò quanto era accaduto.

Donella lo ascoltò con attenzione e poi lo rassicurò:

- “Alfred, non crucciarti oltre, so io come fare per aiutarti. C’è la mia nonna che conosce tanti rimedi contro i sortilegi. Andremo da lei a chiederle aiuto, però non abita nel nostro villaggio, e un po’ lunga è la strada.” -

Alfred, rincuorato, le disse di andarci subito, e aggiunse:

- “Ma non ti farò stancare, ti porterò nel palmo della mia mano.” -

Detto fatto, Donella si sistemò nella mano di Alfred e si misero in cammino.

Era l’inizio della primavera, l’aria era dolce, già erano sbocciate tremule erbe novelle e i fiorellini selvatici occhieggiavano fra i cespugli di malva. La bellezza del bosco e i cuori fiduciosi che nonna gnoma avrebbe aiutato Alfred, invogliarono entrambi alle confidenze, e credo di non sbagliare a pensare che già durante il tragitto fra loro cominciò a nascere un tenero sentimento.

Lungo la strada parlarono tanto. Alfred le raccontò della sua famiglia, dell’amorevolezza dei suoi genitori, di come fosse abile in cucina la sua mamma, soprattutto nella preparazione di frittelle alle mele, ed esaltò la bravura del suo babbo, abile a intagliare il legno creando piattini, posate, seggioline e tavolini. E poi le parlò dei luoghi inesplorati nel bosco che aveva visitato da solo, quando andava a raccogliere la legna o le erbe, e di quelli che avrebbe voluto visitare, spingendosi oltre i confini. E Donella, a sua volta, gli raccontò della sua famiglia, della casetta con le finestre a forma di cuore nella quale viveva, dei fiori che andava a raccogliere di primo mattino, dei quali conosceva tutti i nomi e i cui profumi sapeva riconoscere a occhi chiusi.

Finalmente arrivarono alla casetta di nonna gnoma, accessibile attraverso un lungo cunicolo dentro una meravigliosa quercia secolare. La donnina fu ben felice di abbracciare la sua nipotina, non sconcertandosi affatto di vederle accanto, sollevando molto in alto lo sguardo, uno gnomo gigante.

Donella presentò alla nonna Alfred che, chinandosi il più possibile verso di lei, di nuovo in lacrime, le raccontò la brutta avventura che gli era capitata.

Nonna gnoma non si scompose, ascoltò in silenzio, poi rassicurò Alfred che era in suo potere aiutarlo, e, rientrata in casa per qualche minuto, ne uscì con un librone fra le mani: era il libro degli incantesimi e dei sortilegi. Detto fatto, in quattro e quattr’otto trovò il giusto rituale per liberarlo dal malefizio.

Bisognava raccogliere dei corbezzoli, bollirli nell’acqua del ruscello e far bere il decotto tiepido al malcapitato, pronunciando questa formula magica:

Quomodo huc

Ores ibi planus

Totus oscurabimus

Spiritus aqua

Esce esce esce.

Presto presto Donella andò nel bosco a raccogliere i corbezzoli e Alfred si recò al ruscello a prendere l’acqua. Svelti svelti tornarono dalla nonna che in un battibaleno preparò la mistura, poi, mentre recitava la formula magica, la fece bere allo sventurato. Prodigio meraviglioso: in un istante, puf, Alfred ritornò alle sue sembianze normali.

Riconoscente alla nonna per il suo aiuto, prima di salutarla Alfred volle andare a raccogliere per lei tanta legna in modo che ne avesse una bella scorta per l’inverno, e anche molti frutti di bosco, così da poterle permettere di preparare marmellate in quantità, poi l’abbracciò teneramente e, insieme a Donella, si mise sulla via del ritorno.

D’improvviso li sorprese l’imbrunire, già qualche stella faceva capolino nella volta celeste. Un fievole raggio andò a illuminare il bel visetto di Donella e, guardandola incantato, Alfred le disse:

- “Ma sai, Donella, che sei proprio bella come una stella?” -

Lei arrossì, gli sorrise e timidamente chinò lo sguardo. Non ci fu bisogno di conferme: era certo, si erano innamorati.

Lisciandosi la barba lui le disse:

- “Sai cosa faremo? Ci sposeremo!” -

E Donella, con gli occhi luccicanti di gioia, annuì con la testa.

Per prima cosa andarono a casa di Donella per comunicare la bella notizia ai suoi genitori, e poi a casa di Alfred, dove furono accolti con lacrime di gioia da babbo gnomo e mamma gnoma, che credevano di aver perduto per sempre il loro figliolo al quale, invece, per fortuna, era solo capitata una brutta avventura.

E non vi dico la loro felicità quando Alfred comunicò che avrebbe sposato Donella! Lesta lesta, per festeggiare il figlio ritrovato e la lieta novella, mamma gnoma allacciò il grembiule, scelse le farine migliori, i frutti più buoni, il miele più dolce, e preparò una grande quantità di focaccelle alla mela e alla cannella ricoperte di miele di corbezzolo che fecero leccare i baffi a tutti.

Dopo qualche settimana furono celebrate le nozze, alle quali presenziarono anche gli animali del bosco, non mancando cuculi, merli e tordi che, con i loro diversi canti, allietarono la cerimonia.

Infine nonna gnoma diede la sua benedizione con un antico rituale. Prese un sasso, lo depose sulla nuda terra e recitò questi beneauguranti versi:

Annuncio una lieta novella:

sposi sono Alfred e Donella.

 

Dovunque li conduca il passo

siano resistenti come questo masso.

 

Dovunque la vita li porti

siano sempre uniti e forti.

 

Li accompagni la fortuna

 

grande e piena come la luna.

 

 

 

 

 

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